Confesso di amare lo spettacolo di una partita, pel gioco in se stesso e per la gioia fanciullesca della folla. Confesso d'amare il campo erboso dei giocatori di calcio e la sua geometria di bianche misure segnate col gesso: mi piace quel grande rettangolo le cui linee disegnano un teorema gigante, coi numeri un po' cabalistici della lunghezza e della larghezza prestabilite. Mi piace il bel cerchio che appare al centro: mi attirano i due rettangoli che delimitano l'area di rigore e gli !lItri due che segnano l'area della
porta.Il fremere della folla che attende, lieta e profetica, accorata e trascolorante, cresce come un'onda e si muta in un grido unisono e in uno scroscio di applausi, quando i giocatori vengono innanzi con la loro maglia colorata, coi calzoncini neri o bianchi, con le nere calze orlate degli stessi colori della maglia. Più che di una tenue corsa hanno quell'andatura della danza che è poi, nella partita, il vero tono plastico del giocatore di stile, il ritmo numeroso, mai arbitrario o fuori tempo. Spesso la mano elevata sembra prendere la mano della donna, come usava ai balli di un tempo.